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S'intende che odiavo tutti gli impiegati della nostra cancelleria, dal primo all'ultimo, e li disprezzavo tutti, ma nello stesso tempo in qualche modo li temevo. Capitava che a un tratto li giudicassi perfino superiori a me. La cosa mi succedeva di colpo, allora: ora li odiavo, ora li giudicavo superiori a me. Un uomo evoluto e perbene non può essere vanitoso senza essere illimitatamente esigente verso se stesso e senza disprezzarsi in certi momenti fino all'odio. Ma, sia che li disprezzassi, sia che li giudicassi superiori a me, dinanzi a quasi tutti quelli che incontravo abbassavo gli occhi. Facevo perfino degli esperimenti: avrei sostenuto almeno lo sguardo del tale su di me? E sempre lo abbassavo per primo. Ciò mi tormentava fino a mandarmi in bestia. Inoltre avevo un morboso timore di essere ridicolo e perciò ero servilmente conformista in tutto ciò che riguardava l'esteriorità; con amore seguivo il binario comune e con tutta l'anima aborrivo qualsiasi eccentricità. Ma come potevo resistere? Ero morbosamente evoluto, come appunto dev'essere evoluto l'uomo del nostro tempo. Mentre tutti loro erano ottusi e simili l'uno all'altro come pecore in un gregge. Forse a me solo, in tutta la cancelleria, sembrava costantemente di essere un codardo e uno schiavo; mi sembrava proprio perché ero evoluto. Ma non solo mi sembrava, bensì era davvero così nella realtà: ero un codardo e uno schiavo. Lo dico senza alcun imbarazzo. Ogni uomo perbene del nostro tempo è e dev'essere un codardo e uno schiavo. Questa è la sua condizione normale. Ne sono profondamente convinto. È fatto così e costituzionalmente destinato a questo. E non solo nella nostra epoca, per chissà quali circostanze casuali, ma in generale in tutte le epoche l'uomo perbene dev'essere un codardo e uno schiavo. È una legge di natura per tutte le persone perbene sulla terra. Se poi a qualcuno di loro capiterà di fare il gradasso in qualcosa, che non si consoli per questo e non si monti la testa: comunque davanti al resto se la farà sotto. È l'unica ed eterna via d'uscita. Fanno i gradassi solo gli asini e i loro bastardi, e anche quelli solo fino a quel famoso muro. Ma a loro non val neppure la pena di prestare attenzione, perché non significano esattamente nulla. Allora mi tormentava anche un'altra circostanza: appunto il fatto che nessuno somigliasse a me e io non somigliassi a nessuno. "Io sono uno, mentre loro sono tutti", pensavo e... restavo sovrappensiero. Dal che si vede che ero ancora proprio un ragazzino.