Ora, a un’infinità d’anni di distanza, so di non essermi sempre tuffato come piaceva a te, e so, soprattutto, che non avresti approvato il mio ultimo tuffo, quello di cui voglio parlarti. Ma so anche, ora, che la decisione di compierlo veniva da lontano, da quel pomeriggio di sole accecante sulla spiaggia di Blanes e, ancora, e forse più, dal tempo in cui tu improvvisamente decidesti – poco dopo quel «vai e tuffati» – di diradare le tue visite a Blanes.
Questo sabato zio Juan non verrà. Non mi dice altro, la prima volta, ma mamma e che tua sorella, proprio lei, mi annunci questa dolorosa novità senza apparente rincrescimento, non può non stupirmi.
E mi stupisce ancora di più vedere quanta poca gioia c’è in lei, quando tu riappari, quasi iun mese dopo. È settembre, ormai. Il sole e il cando non sono più quelli inesorabili di luglio, anche se – come dici tu – il sol de España non si rassegna mai del tutto.
Il tuo arrivo mi sconcerta. Perché per la prima volta non è festoso. Niente richiami da lontano e tu che ti sbracci e io che ti corro incontro a fiato mozzo e la mamma che si alza di scatto dalla sdraio e ti osserva arrivare con l’aria ansiosa e condiscendente della perfetta sorella maggiore che ha scelto di farti da madre. Niente di tutto questo, quel giorno. Quel giorno tu attivi inaspettato e non visto, io sono colto di sorpresa, la mamma non si alza, non dice niente, ti guarda e basta, è tesa – lo vedo – e imbarazzata e di sottecchi, tempo a tempo, guarda papà che legge e che non si volge.
Tu vieni a sedere vicino a me, sorridi ma non è zio Juan che mi sorride. Sei un altro uomo, qualcosa ti ha cambiato. Non so immaginare cosa sia stato: non una lite con mia madre, non può essere; non un dispiacere con qualche ragazza perché tu sei di quelli che i dispiaceri li da ma non li patisce; neanche una preoccupazione di lavoro perché tutti sanno – perfino io – che il tuo lavoro d’avvocato è più che altro teorico, uno studio, molti libri, una cortese segretaria ma poco altro, troppi soldi fin da ragazzo – papà l’ha sempre detto – così le tue giornate sono segnate più che altro dagli allenamenti al Club de Nataciòn, giù al porto di Barcellona – anche se ora che non sei più giocatore ma allenatore della nazionale di water polo la cosa non sembrava entusiasmarti più di tanto.
Insomma, io non so perché ma so, da subito, che non sei più lo stesso. Lo so e cerco, e trovo, la spiegazione del tuo mutamento là dove mi è più comodo trovarla. La mia versione è semplice: hai litigato con mio padre. Con lui che è tutto casa e lavoro, che è assennato e cupo e attento nella chiesa in cui tu non entri mai. Con lui che è zitto e riservato, che è avaro di slanci e prudente, con lui che adesso, al tuo arrivo, non si volta a guardarti ma rivolge subito uno sguardo inquieto verso cugini, amici, e zii. Lui, d’altra parte, e non a caso, è quello del «resta, non tuffarti.»