«Sei una scimmia, annuisci per conquistarmi. Taci, non capiresti nulla. Se non c'è Dio, io sono Dio.»
«Questo punto non sono mai riuscito a capirlo: perché voi siete Dio?»
«Se Dio c'è, tutta la volontà è sua, e io non posso sottrarmi alla sua volontà. Se non c'è, tutta la volontà è mia, e sono costretto ad affermare il libero arbitrio.»
«Il libero arbitrio? E perché siete costretto ad affermarlo?»
«Perché tutta la volontà è diventata mia. Possibile che nessuno sulla terra, una volta chiuso con Dio e credendo nel libero arbitrio, non abbia il coraggio di proclamare il libero arbitrio nella sua espressione più piena? È come un povero che ha ricevuto un'eredità e ha paura, non osa avvicinarsi al sacco del denaro, ritenendosi troppo debole per possederlo. Io voglio affermare subito il libero arbitrio. Sarò il solo, ma lo farò.»
«E fatelo.»
«Sono obbligato a spararmi perché l'espressione più piena del mio libero arbitrio è uccre me stesso.»
«Però non siete il solo che si uccide; ci sono molti suicidi.»
«Per un motivo. Ma senza nessun motivo, solo per libero arbitrio, io sono l'unico.»
"Non si sparerà" quest'idea balenò di nuovo nella mente di Pëtr Stepanoviè.
«Sapete una cosa» osservò irritato, «io al vostro posto, per dimostrare il libero arbitrio, ucciderei qualcun altro, non me stesso. Potreste essere utile. Vi indicherò chi dovete uccidere se non avete paura. In tal caso potete anche non spararvi oggi. Possiamo metterci d'accordo.»
«Uccidere un altro sarebbe la più bassa manifestazione del mio libero arbitrio, in questa idea ci sei tutto tu. Io non sono te; io voglio l'espressione più piena e uccido me stesso.»
"C'è arrivato da solo" borbottò malignamente Pëtr Stepanoviè.
«Sono obbligato a dichiarare l'incredulità» disse Kirillov camminando per la stanza. «Per me non c'è idea più alta che quella che Dio non esiste. Tutta la storia dell'umanità è con me. L'uomo non ha fatto altro che inventare Dio per vivere senza uccidersi; è questo il senso di tutta la storia del mondo, fino ad oggi. Io solo, nella storia universale, per la prima volta non ho voluto inventare Dio. Che lo sappiano una volta per sempre.»
"Non si ucciderà" pensava Pëtr Stepanoviè.
«Chi lo deve sapere?» diceva, aizzandolo. «Qui ci siamo io e voi; forse Liputin.»
«Tutti dovranno saperlo, tutti lo sapranno. Non c'è mistero che non si sveli. Lo ha detto Lui.» E con febbrile entusiasmo indicò l'immagine del Salvatore, davanti alla quale brillava una lampada. Pëtr Stepanoviè si arrabbiò definitivamente.
«Quindi credete ancora sempre in Lui e avete acceso la lampada; forse "per ogni evenienza"?»
Quello non rispose.
«Sapete, secondo me, voi credete ancora più di un prete.»
«In chi? In Lui? Ascolta» disse Kirillov, fermandosi e guardando davanti a sé con uno sguardo immobile ed esaltato.
«Ascolta una grande idea: c'era sulla terra un giorno in cui in mezzo alla terra c'erano tre croci. Uno dei tre sulla croce credeva al punto che disse all'altro: "Oggi sarai con me in paradiso". Finì il giorno, tutti e due morirono, andarono e non trovarono né il paradiso, né la resurrezione. Non si avverò quanto era stato detto. Ascolta: quell'uomo era il più alto di tutta la terra, costituiva ciò per cui essa doveva vivere. Tutto il pianeta, con tutto quanto c'è sopra senza quell'uomo non è che follia. Non c'è stato né prima né dopo un uomo simile a Lui, ha perfino del miracoloso. È davvero un miracolo che non ci sia mai stato e che non ci sarà mai uno come Lui. E se è così, se le leggi della natura non hanno risparmiato neppure Quello, se non hanno risparmiato neanche il proprio miracolo, costringendolo a vivere nella menzogna e a morire per la menzogna, vuol dire che tutto il pianeta è menzogna e che si regge sulla menzogna e su una stupida presa di giro. Quindi anche le leggi del pianeta sono una menzogna e un diabolico vaudeville. Perché vivere, allora, rispondi, se sei un uomo?»
«Questo è un altro lato della questione. Mi sembra che qui abbiate confuso due cause diverse: e questo è assai sospetto. Ma scusate un po', e se voi foste davvero Dio? Se fosse finita la menzogna e voi aveste capito che tutta la menzogna veniva dal Dio di prima?»
«Finalmente hai capito!» esclamò Kirillov con entusiasmo.
«Quindi è possibile capire se uno come te lo ha capito! Ora capisci che la salvezza per tutti sta nel dimostrare a tutti questo pensiero. Chi lo dimostrerà? Io! Io non capisco come fino a oggi l'ateo, sapendo che Dio non esiste, non si sia già ucciso. Rendersi conto che Dio non esiste e non rendersi conto nello stesso momento che ciò facendo si diventa Dio è un'assurdità, altrimenti ci si ucciderebbe immediatamente. Se te ne rendi conto sei re, e non ti uccidi più, ma vivi nella gloria più eccelsa. Ma uno, quello che lo scopre per primo, deve uccidersi assolutamente; altrimenti chi comincerà a dimostrarlo? Sarò io di sicuro che mi ucciderò per cominciare e dimostrare. Io sono soltanto Dio mio malgrado e sono infelice perché sono costretto a proclamare il mio libero arbitrio. Tutti sono infelici perché tutti hanno paura di affermare il proprio libero arbitrio. L'uomo finora è stato così infelice e povero perché temeva di dichiarare la cosa più importante del libero arbitrio e faceva a modo suo di nascosto, come uno scolaretto. Io sono tremendamente infelice, perché ho una terribile paura. La paura è la maledizione dell'uomo... Ma io proclamerò il mio libero arbitrio; sono obbligato a credere che non credo. Comincerò e finirò, aprirò la porta. E salverò gli altri.»
«Questo punto non sono mai riuscito a capirlo: perché voi siete Dio?»
«Se Dio c'è, tutta la volontà è sua, e io non posso sottrarmi alla sua volontà. Se non c'è, tutta la volontà è mia, e sono costretto ad affermare il libero arbitrio.»
«Il libero arbitrio? E perché siete costretto ad affermarlo?»
«Perché tutta la volontà è diventata mia. Possibile che nessuno sulla terra, una volta chiuso con Dio e credendo nel libero arbitrio, non abbia il coraggio di proclamare il libero arbitrio nella sua espressione più piena? È come un povero che ha ricevuto un'eredità e ha paura, non osa avvicinarsi al sacco del denaro, ritenendosi troppo debole per possederlo. Io voglio affermare subito il libero arbitrio. Sarò il solo, ma lo farò.»
«E fatelo.»
«Sono obbligato a spararmi perché l'espressione più piena del mio libero arbitrio è uccre me stesso.»
«Però non siete il solo che si uccide; ci sono molti suicidi.»
«Per un motivo. Ma senza nessun motivo, solo per libero arbitrio, io sono l'unico.»
"Non si sparerà" quest'idea balenò di nuovo nella mente di Pëtr Stepanoviè.
«Sapete una cosa» osservò irritato, «io al vostro posto, per dimostrare il libero arbitrio, ucciderei qualcun altro, non me stesso. Potreste essere utile. Vi indicherò chi dovete uccidere se non avete paura. In tal caso potete anche non spararvi oggi. Possiamo metterci d'accordo.»
«Uccidere un altro sarebbe la più bassa manifestazione del mio libero arbitrio, in questa idea ci sei tutto tu. Io non sono te; io voglio l'espressione più piena e uccido me stesso.»
"C'è arrivato da solo" borbottò malignamente Pëtr Stepanoviè.
«Sono obbligato a dichiarare l'incredulità» disse Kirillov camminando per la stanza. «Per me non c'è idea più alta che quella che Dio non esiste. Tutta la storia dell'umanità è con me. L'uomo non ha fatto altro che inventare Dio per vivere senza uccidersi; è questo il senso di tutta la storia del mondo, fino ad oggi. Io solo, nella storia universale, per la prima volta non ho voluto inventare Dio. Che lo sappiano una volta per sempre.»
"Non si ucciderà" pensava Pëtr Stepanoviè.
«Chi lo deve sapere?» diceva, aizzandolo. «Qui ci siamo io e voi; forse Liputin.»
«Tutti dovranno saperlo, tutti lo sapranno. Non c'è mistero che non si sveli. Lo ha detto Lui.» E con febbrile entusiasmo indicò l'immagine del Salvatore, davanti alla quale brillava una lampada. Pëtr Stepanoviè si arrabbiò definitivamente.
«Quindi credete ancora sempre in Lui e avete acceso la lampada; forse "per ogni evenienza"?»
Quello non rispose.
«Sapete, secondo me, voi credete ancora più di un prete.»
«In chi? In Lui? Ascolta» disse Kirillov, fermandosi e guardando davanti a sé con uno sguardo immobile ed esaltato.
«Ascolta una grande idea: c'era sulla terra un giorno in cui in mezzo alla terra c'erano tre croci. Uno dei tre sulla croce credeva al punto che disse all'altro: "Oggi sarai con me in paradiso". Finì il giorno, tutti e due morirono, andarono e non trovarono né il paradiso, né la resurrezione. Non si avverò quanto era stato detto. Ascolta: quell'uomo era il più alto di tutta la terra, costituiva ciò per cui essa doveva vivere. Tutto il pianeta, con tutto quanto c'è sopra senza quell'uomo non è che follia. Non c'è stato né prima né dopo un uomo simile a Lui, ha perfino del miracoloso. È davvero un miracolo che non ci sia mai stato e che non ci sarà mai uno come Lui. E se è così, se le leggi della natura non hanno risparmiato neppure Quello, se non hanno risparmiato neanche il proprio miracolo, costringendolo a vivere nella menzogna e a morire per la menzogna, vuol dire che tutto il pianeta è menzogna e che si regge sulla menzogna e su una stupida presa di giro. Quindi anche le leggi del pianeta sono una menzogna e un diabolico vaudeville. Perché vivere, allora, rispondi, se sei un uomo?»
«Questo è un altro lato della questione. Mi sembra che qui abbiate confuso due cause diverse: e questo è assai sospetto. Ma scusate un po', e se voi foste davvero Dio? Se fosse finita la menzogna e voi aveste capito che tutta la menzogna veniva dal Dio di prima?»
«Finalmente hai capito!» esclamò Kirillov con entusiasmo.
«Quindi è possibile capire se uno come te lo ha capito! Ora capisci che la salvezza per tutti sta nel dimostrare a tutti questo pensiero. Chi lo dimostrerà? Io! Io non capisco come fino a oggi l'ateo, sapendo che Dio non esiste, non si sia già ucciso. Rendersi conto che Dio non esiste e non rendersi conto nello stesso momento che ciò facendo si diventa Dio è un'assurdità, altrimenti ci si ucciderebbe immediatamente. Se te ne rendi conto sei re, e non ti uccidi più, ma vivi nella gloria più eccelsa. Ma uno, quello che lo scopre per primo, deve uccidersi assolutamente; altrimenti chi comincerà a dimostrarlo? Sarò io di sicuro che mi ucciderò per cominciare e dimostrare. Io sono soltanto Dio mio malgrado e sono infelice perché sono costretto a proclamare il mio libero arbitrio. Tutti sono infelici perché tutti hanno paura di affermare il proprio libero arbitrio. L'uomo finora è stato così infelice e povero perché temeva di dichiarare la cosa più importante del libero arbitrio e faceva a modo suo di nascosto, come uno scolaretto. Io sono tremendamente infelice, perché ho una terribile paura. La paura è la maledizione dell'uomo... Ma io proclamerò il mio libero arbitrio; sono obbligato a credere che non credo. Comincerò e finirò, aprirò la porta. E salverò gli altri.»