Che i due strumenti siano parenti stretti lo si capisce già al primo sguardo. Lo suggerisce subito il mantice, quel polmone di cartone comune a organetto e fisarmonica. E anche dentro, nelle viscere, i due si assomigliano: un caos di linguine d’acciaio vibranti, gallerie in legno che sembrano armoniche a bocca, bacchette in ferro dappertutto, pelli, miele e colla. Del resto sono stati gli stessi artigiani marchigiani o piemontesi, dai nomi bizzarri e gloriosi, che li hanno concepiti, e in certi libri di musica si legge che “l’organetto è il nonno della fisarmonica”.
Insomma: anche più di cugini.
Ma in tutte le famiglie succede che prima o poi si litiga, così per anni i due strumenti non si parlano a causa delle solite questioni: tradimenti, gelosie, invidia, soldi. Finché negli anni ottanta arrivano Richard Galliano e Les Negresses Vertes, arrivano Marc Perrone e il Folk Revival. Il clima si rilassa, c’è spazio per tutti, magari non si vive sotto lo stesso tetto come a metà Ottocento ma per le feste si torna a pranzare assieme.
Anche Virginia Maiorana e Marcello Alajmo hanno trascorso i primi mesi della loro comune attività didattica cercando disinvoltamente di rubarsi gli allievi, ma poi si sono accorti che non era così male far dialogare i propri strumenti e ci hanno preso gusto.
Man mano che il secolare legame di sangue riaffiorava non perdevano occasione per esibirsi in duo nei bal folk o nei momenti di festa.
Qui vogliono cambiare pelle, abbandonare il ruolo di animatori dei ritmi imperturbabili del bal per dedicarsi ad atmosfere più rarefatte, dando pieno spazio all'espressività dei loro strumenti, per ascoltarsi e farsi ascoltare da un pubblico che non si muove dalla sedia (o almeno ci prova), attraverso loro composizioni originali ma anche riarrangiando alcuni classici del repertorio delle loro danze trad. Il loro obiettivo è spostare il baricentro dell’ascolto verso un punto imprecisato che sta non più tra l’orecchio e il piede ma tra l’orecchio e il cuore.