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Che vuol dire essere “resiliente” nel mondo neoliberale di oggi?
Come funziona la resilienza nelle politiche di cooperazione allo sviluppo?
Resilienza, resistenza, cura, abbandono, sopravvivenza, quali sono gli spazi di azione del soggetto neoliberale?
Ne discutono con l'autrice:
Salvo Vaccaro e Tommaso Baris (Università di Palermo),
Lucia Sgueglia (Giornalista Rai Tgr Sicilia)
Francesco Picciotto (Associazione Cooperanti Tulime)
La resilienza è diventata oggi il tratto saliente delle politiche di cooperazione allo sviluppo nelle quali le forme di abbandono, prodotte dallo smantellamento dei sistemi di welfare e dalla smobilitazione degli organismi internazionali, vengono narrate come strategie di empowerment e di auto-responsabilizzazione.
In uno scenario globale in cui si dà per scontato che rischi e pericoli vadano oltre le nostre possibilità di controllo, la resilienza entra in gioco, come una sorta di codice di condotta, per responsabilizzare stati fragili e individui vulnerabili facendo leva sulle loro capacità di adattamento e di assorbimento del danno.
L’adattamento è una delle virtù cardinali del neoliberalismo e costituisce il nucleo concettuale della significazione politica della resilienza. Gli individui devono fare fronte ai mutamenti che derivano da un sistema in continua trasformazione, nel quale agiscono senza alcuna rete di protezione, esercitando una logica adattiva che forgia le loro soggettività e le declina secondo gradi diversi di flessibilità.