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"Il linguaggio è la guerra con altri mezzi".
Questa affermazione, che E. L. Doctorow fa pronunciare al generale Sherman nel suo romanzo del 2005 La marcia, rappresenta tanto una denuncia del cinismo di quei burocrati che creano altrettante atrocità di cannoni e fucili, quanto una dichiarazione poetica, perché ci parla della potenza e della delicatezza dell’uso della parola: il linguaggio è un campo minato, in cui le parole vanno usate con cautela, in cui è necessaria una precisione chirurgica nel trattare la potenza esplosiva della narrazione.
I testi di Doctorow, a due anni dalla sua scomparsa, rappresentano un’eredità enorme da recuperare e condividere, perché sono un raro esempio di romanzi postmoderni capaci di sottrarsi al distacco ironico tipico del romanzo contemporaneo.
In Doctorow c'è un'attenzione geometrica per le regole del racconto, ma la narrazione non va mai a discapito della trama, l'affabulazione non serve a nascondere, ma a disvelare storie, anzi, la Storia.
Il romanzo storico, infatti, è stato il suo campo di battaglia. Ha raccontato i grandi momenti della storia americana, facendo intrecciare la storia ufficiale con le storie piccole. Le atmosfere di un'epoca sono rese attraverso un incrocio di prospettive che ha, evidentemente, un intenzione tanto poetica quanto politica.
Totò Cavaleri, amico e assiduo frequentatore del Porco Rosso, prosegue il nostro ciclo di reading selezionando e leggendo brani da alcuni dei più famosi romanzi di E. L. Doctorow: Ragtime, Homer & Langley, La marcia, La citta di Dio…
A differenza dei suoi predecessori il suo approccio non è quello dell’attore, dell’artista o del critico, ma quello del lettore che, sentendo in profondità l’importanza di alcune pagine, cerca occasioni per condividerle.
Perchè la lettura è una pratica sociale. E se fatta a voce alta al Porco Rosso, lo è ancora di più.