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ARCHEOLOGIA DELLE PIANTE INEBRIANTI
a cura di Giorgio Samorini (autore e studioso di etnobotanica e antropologia delle droghe, Bologna)
dalle 17.30 alle 20.00
Le piante inebrianti sono state ovunque considerate un dono che le divinità fecero agli esseri umani per permettere la comunicazione con la sfera divina, con il mondo degli spiriti o degli antenati. Questa credenza ha portato all’elaborazione del mito d’origine della pianta inebriante, un mito a volte ben preservatosi nelle cosmogonie e nelle antropogonie delle popolazioni tradizionali, in altri casi rintracciabile in un racconto, una novella o un semplice aneddoto, come forma residuale folklorica degli antichi miti.
La storia della relazione umana con questo tipo di piante si perde nella notte dei tempi. Con lo scopo di ottenere un’ebbrezza, un’“alterità”, una “visione”, l’essere umano ha ovunque cercato ed elaborato fonti psicoattive, sino a creare piante totalmente nuove, attraverso l’assidua opera di coltivazione e selezione, quali sono stati i casi del papavero da oppio, della vite, della coca, del kava. Una ricerca dell’ebbrezza che, stando ai più recenti studi, ha aperto la strada verso l’acquisizione di importanti elementi culturali quali la cerealicoltura.
Da alcuni decenni gli scavi archeologici stanno rivelando un inatteso ruolo del territorio italiano e delle popolazioni che lo abitarono, nelle origini della relazione umana con il papavero da oppio – probabilmente creato nell’Italia centrale da popolazioni neolitiche palafitticole – e come secondo fulcro di addomesticamento della vite selvatica per ricavare vini autoctoni, indipendenti dal fulcro caucasico classicamente riconosciuto come luogo originario della viticoltura. E sempre in Italia sono state ritrovate le più antiche testimonianze europee di canapa.
Nel corso della conferenza verrà data particolare attenzione all'archeologia delle fonti psicoattive mediterranee e dell'idromele - quest'ultimo probabile inebriante femminile usato nelle Thesmophorie tenute nel santuario di Bitalemi a Gela - e al "Complesso Etnobotanico" dei Misteri Eleusini.